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Dialetto

Né sciopp, né ball
Vaca de chi, vaca de là
Sant'Antoni bumbardell

Né sciopp, né ball

Avegh mia né sciopp né ball

Non avere lo schioppo, non avere le munizioni


Fuori di metafora, non avere gli strumenti per compiere l’impresa. Qualsiasi impresa.

 

Non puoi cuocere la polenta se non hai il paiolo, né piantare i chiodi se il martello è rotto. Se non hai capacità né mezzi, inutile che progetti di costruirti la casa. Senza l'ingegno non diventerai un sapiente.

                                                

La metafora è quella dell’uomo armato, soldato o cacciatore.
Dall’antichità esiste nella letteratura il personaggio del soldato fanfarone, che millanta imprese impossibili. Del cacciatore, si sa che le spara grosse: la lepre era monumentale, di tordi ne ha abbattuti a decine, il carniere era così pieno che non sapeva più dove riporre la selvaggina.

 

Ma va là, che te gh’e mia né sciopp né ball!


È la battuta che ridimensiona la spacconata. Forse c’è anche una velata allusione agli attributi maschili. Si sa, indietro di pochi decenni in osteria si parlava solo al maschile.

 

Quella del cacciatore di una volta è una figura mezzo pittoresca e mezzo mitica, carnivora per aspirazione e vegetariana per necessità, che rincorre le prede nei boschi con l’acquolina in bocca, e le abbatte per riempirsi la pancia. Oppure per fare una degna offerta per la festa del paese, come nella foto di copertina.

 


20 giugno 2025, Laura V.

Vaca de chi, vaca de là

Tema: la vacca

Clicca sui motti dialettali per ascoltarli


La vacca era vista innanzitutto come risorsa economica primaria. Nel paese il latte era alla base dell’alimentazione. Raccogliendo quello in esubero, diverse latterie producevano rinomati furmagitt, che andavano a ruba nelle gastronomie della città.

In senso spregiativo, invece, indicava la femmina sessualmente disponibile.

Ma era anche l’animale totemico, che rappresentava la fertilità femminile.


1889, Giovanni Segantini - Le due madri


Chi vosa pusée, la vaca l’è soa

Chi grida di più, si aggiudica la vacca

Il detto fa riferimento alle contrattazioni del mercato del bestiame e sta a significare che a vincere è il più prepotente. Sottintende amaramente che in una discussione in cui si difendono interessi contrapposti non vale la pena di essere troppo garbati.

 

Sempre in clima di fiera, questa è la canzoncina che celebrava la vacca migliore.

Carulin fa ur lacc

che mi te do ur furmagg

La vaca pusée bela

n’ha fai una sedela

Carulin fa ur lacc

che mi te do ur furmagg  


Qui la versione karaoke

 

Carolina fa il latte

e io ti do il formaggio

La vacca più bella

ne ha fatto un secchio...


Le mucche di famiglia avevano un loro carattere, ciascuno il suo. Natalina, da bambina, ne aveva una bizzosa. Se le prendeva la voglia, si allontanava dal suo pascolo e invadeva quelli proibiti dei vicini. Faceva la gradassa, bisognava spesso litigarci.

Di mucche così si diceva:

L’è ‘na vaca turegna

È una vacca che si comporta come un toro

E, traslato, valeva per donne di aspetto e carattere mascolino.

 

Pacia, vaca!

Mangia, mucca!

Si apostrofa in questo modo, con una certa malevolenza, chi sta approfittando di un’occasione immeritata.

La risposta canonica:
Pacia vaca, pacia bò,

paci naot dul tò

Mangia mucca, mangia bue:

non mangio niente del tuo.

 

Te ciapà la vaca par ul pec

Hai preso la mucca per la mammella

Significa: hai trovato un occasione d'oro. Attaccato alla mammella, puoi mungere. Otterrai subito il tuo vantaggio.

 

L'ha purtàa a cà la vaca cul vedel

Ha portato a casa la vacca col vitello

L’espressione è riferita a un uomo che sposa una vedova con prole. Si avverte il retroterra patriarcale: moglie e figli come proprietà.

 

Te se una vaca vegia

Sei una vacca vecchia

È una constatazione piuttosto offensiva, un insulto. Significa più o meno: sei una donna disponibile, ma senza più attrattiva.


Sant'Antonio benedice gli animali, particolare - Chiesa parrocchiale


E infine, allargando al tema più generale dei bovini e delle loro produzioni, ecco la spiegazione del toponimo Buaca, che designa la zona di Via Cunardo nei pressi della cappellina della Madonna. I carri a traino animale, diretti a Bedero lungo quella strada, giungevano in quel tratto pianeggiante dopo una faticosa salita. Il rilassamento conseguente favoriva una abbondante defecazione, perciò la strada era di norma imbrattata. L‘escremento bovino è, in dialetto, ‘na buascia. Da qui, Buaca.

 

Le fonti di questi detti sono Dario, Gianna Elvira, Laura: ciascuno ha registrato i suoi contributi, Dario invece ha registrato la voce di Gian Andrea. La spiegazione del toponimo è da ascrivere a Donato ed è riportata da Gianna Elvira

17 gennaio 2025, Laura V.

Sant'Antoni bumbardell

Sant'Antonio il protettore degli animali, sant'Antonio il preferito dei bambini. Ecco un'antica filastrocca dialettale, una sorpresa tenuta in serbo per la festa di quest'anno. La recita Natalina, classe 1927, che ci ha lasciati quest'autunno.


Sant'Antoni bumbardell
ch'el sunava ur campanell


ur campanell el sona pü

sant’Antoni el s’ha scundü


el s’ha scundü dedrée ‘na porta

l’ha truà ‘na cavra morta


cavra morta l’ha fai 'qui qui'
sant’Antoni el s’ha stremì


10 gennaio 2025, Natalina M.

Pro Loco Bedero Valcuvia - Pzza Vittorio Veneto, 9, 21039
Bedero Valcuvia (Va) - Italia 

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