PROPONI UN TEMA, SCRIVI UN ARTICOLO: prolocobederovalcuvia.aps@gmail.com
Storia o leggenda? L’immagine ritrae il luogo in cui sarebbe stata collocata una mitragliatrice, puntata sulla strada di Ganna. Al di là della casa rosa, che al tempo non esisteva, si snoda infatti il tratto di Furnas
In quei tempi non ero ancora nato, la mia famiglia era sfollata a Bedero. Le cose che esporrò le ho sentite raccontare dagli adulti nell’immediato dopoguerra.
L’ Attilio era nell'Ossola e comandava brigate partigiane. Era anche stato ferito più volte e seriamente. Suo fratello Rino, nei mesi convulsi della lotta di liberazione, dicevano avesse piazzato una mitragliatrice al Carbulat, e da lì tenesse sotto tiro la strada di Ganna. Pare che fosse giunto dalla Jugoslavia fino a Bedero con una carretta dell'esercito tirata da due cavalli, con sopra quell'attrezzatura. Non so se è vero, o se è una leggenda. Ma era da lui: solo lui poteva aver fatto una cosa così.
Mia mamma era venuta a Bedero da quando avevano cominciato a bombardare Milano. Un giorno giunse a Ganna a piedi per prendere il tram bianco, doveva andare a Varese per una visita medica e fu fermata da un blocco dei partigiani.
Sbucò dal gruppetto la testa del Rino: "L'è la mia cusina"… e poté andare tranquilla a Varese.
25 aprile 2025, P. G. M.
Altre testimonianze sui partigiani di Bedero emergono da una ricerca che, a partire dai ricordi famigliari, segue le tracce del comandante Attilio, nome di battaglia Varesott
Mio nonno Rino e mio zio Attilio Borsotti, fratelli e partigiani, per un periodo di qualche mese si nascosero nei boschi dello Sceré, in una sorta di botola, scavata nel terreno e mimetizzata dalla vegetazione. La "staffetta" che si occupava di fare loro avere i viveri necessari era una delle loro sorelle, l'Emilia. La quale nascondeva il cibo dentro la gerla, sotto fieno o legna.
Attilio fu un comandante partigiano. In una rivista di storia contemporanea del Vercellese, del Biellese e della Valsesia, L‘impegno / anno 5° - n. 1 Marzo 1985, vi è un capitolo dedicato al grande rastrellamento dei mesi di gennaio e febbraio 1945 ad opera delle forze nazifasciste per debellare l'esercito partigiano che per quattro mesi aveva governato la "zona libera" del Biellese orientale. Si trattò di una delle più grandi opere di rastrellamento della guerra, che vide impegnati circa 8000 soldati tedeschi.
La 109° Brigata Garibaldi, che operava in zona, decise di evacuare in anticipo, iniziando una lunga marcia di 100 km verso il Monferrato. I tedeschi bruciarono case e interi paesi in preda alla frustrazione, sperando di intimorire chi tra la popolazione civile desse riparo e aiuto ai partigiani in fuga. Non riuscirono però in questo intento, come risulta da diverse testimonianze di solidarietà collettiva del popolo verso i partigiani. Tra queste ad esempio (riporto la citazione esatta):
"Né i fascisti misero le mani su Varesotto (Attilio Borsotti), il comandante della stessa formazione, e sul partigiano Furia (Giuseppe De Bernardi). Entrambi feriti, furono salvati da una famiglia di Trivero che si fece carico di tutto: trovare loro un nascondiglio, provvedere alla loro cura e al loro mantenimento per tutta la durata del rastrellamento"
25 aprile 2025, Andrea M.
Risorgi, Signore nei cuori affannati
negli angoli bui delle nostre esistenze
negli animi affranti dei dimenticati
nei volti induriti dei tanti drogati
o in quelli disfatti
dei molti ammalati.
Risorgi, Signore, dalle superbie
di tanti potenti su questa terra
dalle difficili convivenze
nelle famiglie e nei luoghi più vari.
Risorgi, Signore, dalle macerie dei mille conflitti,
da quelle, nascoste,
dei cuori di pietra di tanti fratelli.
Risorgi, Signore, ancora una volta,
e illumina il mondo
così travagliato.
E avvenga davvero
la Tua Vittoria
sul buio più nero;
così la Tua Luce
ci copra di un manto
per farci sentire
tutti fratelli
perché tali da sempre
Tu ci hai voluti.
18 aprile 2025, Maria Luisa B.
Dopo la campagna di tesseramento che ci ha impegnati il mese scorso, è ora di un bilancio. Ad oggi, i soci regolarmente iscritti alla Pro Loco per il 2025 sono 60. La distribuzione per sesso è ben bilanciata: 31 maschi e 29 femmine.
Nel grafico, che colloca i soci nelle rispettive classi d’età, si può notare che la classe più rappresentata è quella dei trentenni, che costituiscono quindi il gruppo trainante. C’è poi una presenza significativa e proporzionata di quarantenni, cinquantenni e sessantenni. Numerosi sono anche i supporter più anziani, alcuni dei quali molto attivi nelle iniziative.
L’impegno per il futuro è quello di coinvolgere i più giovani. Siamo convinti che il futuro della comunità si gioca sulla capacità di dialogo e collaborazione intergenerazionale.
4 aprile 2025, Laura V.
Guerra, parola dal suono duro,
sinistro, nemico, non evoca sereni orizzonti
o dolci paesaggi.
Guerra, al pronunciarla
avverti il vuoto,
la paura,
la profonda desolazione.
Guerra, immagine
della caduta dell’uomo
nella voragine del lutto,
nello scempio dei corpi,
nell’annullamento del pensare positivo.
E allora, perché non pronunciare
pace, pace, pace.
Anche il suono
ci porta
a spazi di sereno
a nuova luce
al ritorno dell’umano nell’uomo.
Nella pace è salvezza
nella pace il futuro
nella pace la vita.
21 marzo 2025, Maria Luisa B.
Il 21 marzo si celebra la Giornata Mondiale della Poesia 2025, istituita nel 1999 dall'UNESCO, che riconosce all'espressione poetica un ruolo privilegiato nella promozione del dialogo e della comprensione interculturale, della diversità linguistica, della comunicazione e della pace.
Il nonno Emilio - della famiglia Valugani, la cui storia si intreccia con orgoglio a quella di Bedero - aveva le mani d’oro. Quando sono nata io, negli anni ‘80, era appena andato in pensione e nel suo laboratorio nel garage si dedicava con tempo, passione e costanza alla progettazione e costruzione di oggetti disparati, e non solo. Il nonno lavorava il legno: mentre vi scrivo questa piccola testimonianza, posso guardare nella mia cucina di Saronno il suo tagliere rotondo e pensare al suoi lampadari di legno, ancora nelle case di famiglia di Bedero, ai suoi rastrelli di legno, che ricordo nei nostri giardini, ma anche regalati ad amici compaesani. E penso agli zoccoli di legno, che il nonno aveva voluto riprodurre a ricordo di quelli che quando lui era piccolo si utilizzavano in paese.
Quello della foto è un piccolo paio di zoccoletti che aveva costruito quando ero piccola e soggiornavo coi nonni a Bedero nelle estati, in vacanza da Roma. Allora, con gli occhi di bambina, quegli zoccoletti rossi mi parevano quasi un po’ magici e indossarli anche per poco mi regalava un ingresso “fisico” nel mondo bederese: pensare che i nonni da piccoli e i loro familiari potessero camminare sugli acciottolati delle viette del paese, nelle strade sterrate e persino nei sentieri dei boschi con questi calzari mi ha fatto intuire meglio di dieci libri di storia contadina la vita dei nostri antenati. Mica è facile tenere l’equilibrio sugli zoccoletti, e da sempre penso che - perché no? - sarà anche grazie a loro che ho caviglie sottili e agili.
E dopo averli indossati, i racconti dei nonni su un bambino di Masciago di una famiglia così povera che per non consumare la suola degli zoccoli saliva da Masciago a Bedero a piedi nudi e indossava le calzature solo giunto a destinazione sono diventati reali come di solito solo la partecipazione diretta a un’esperienza può fare.
E allora, sollecitata da questa foto, penso: che ogni bambino e bambina che cresce a Bedero possa provare a camminare sulle strade del paese con i suoi zoccoletti, e fare suo un aspetto concreto della vita quotidiana delle donne e degli uomini che hanno camminato per secoli nelle nostre strade prima di noi.
21 febbraio 2025, Elena B.